L’inestricabile alleanza e la mutua ispirazione tra arte, scienza e mistica sono definite dall’immagine del pendolo dello scienziato israeliano Itzhak Bentov, dalla sua teoria della continuità del Big Bang generatore dell’universo e della meccanica di una coscienza che oscilla tra concentrazione ed espansione, tra visibile e invisibile, nei segreti del cosmo.
L’immaginazione è importante, è essenziale anche (ma non solo) nella ricerca scientifica altrimenti si riproducono le cose che già esistono. I matematici, quando devono enunciare un teorema, devono capire l’enunciato prima che sia dimostrato. Feynman, il grande fisico, quando si confrontava con i matematici, riusciva a capire le loro formule in un solo modo. Traduceva progressivamente quelle formule in un oggetto e più l’oggetto era verosimigliante, più diventava un’autentica metafora delle formule matematiche.
Credo che in modo analogo funzioni la ricerca espressiva e artistica, una ricerca delineata come “fuoco interiore”, un pendolo che traccia segni su carta antica, mosso dall’immaginazione che elabora i dati provenienti da “certi domini estremi della coscienza”, per sua stessa definizione.