In questo ciclo ho voluto sperimentare la tecnica dell’action painting, accentuando la ritualità sciamanica di questo gesto pittorico.
L’action painting, in italiano pittura d’azione, è uno stile di pittura dove il colore viene lanciato sul quadro o fatto gocciolare spontaneamente, invece che applicato con metodo gestuale mirato sopra la tela come può avvennire con l’arte figurativa. Questo stile si diffuse negli anni quaranta e sessanta, ed è strettamente associato con l’espressionismo astratto. Uno tra i maggiori esponenti di spicco, fu il pittore Jackson Pollock che dipingeva facendo colare dall’alto vernici e colori su quadri e tele di grandi dimensioni attraverso la tecnica pittorica del dripping. Egli abolì il quadro col cavalletto ed in generale l’elaborazione statica del dipinto appeso in verticale. Pollock disse che, stendendo la tela a terra, veniva meglio girarvi intorno e ci si sentiva parte integrante del quadro. Nel corso della sua sperimentazione egli fece alcuni studi sulle tradizioni degli indiani nativi americani e si accorse che le preghiere rivolte agli “Dei”, avvenivano mediante ripetuti giri degli indiani attorno al fuoco durante uno stato di trance o semicoscienza.
Da questa esperienza Pollock associò la tela al focolare, ed il pittore allo sciamano. Questo connubio trasmetterà ai futuri dipinti tutta la sua più intima interiorità, grazie appunto ad una accurata e spirituale evasione dalla realtà. Questa attività spontanea del pittore, è denominata dripping. Il pittore lascia gocciolare il colore sulle tele, spesso semplicemente danzandoci intorno, facendo cadere il colore dove il subconscio mentale vuole. In questo modo la parte inconscia della psiche si imprime sulla tela. Nei dipinti di Jackson Pollok possiamo spesso trovare anche mozziconi di sigarette. Quando creava i suoi dipinti, permetteva a sé stesso di cadere in uno stato di trance nel quale nessun atto conscio doveva manifestarsi; così se aveva l’impulso istintivo di gettare la sigaretta a terra, lo faceva, sia che davanti ai suoi piedi ci fosse un marciapiede, sia anche una tela. L’action painting in definitiva funziona quando l’artista entra in contatto con la tela mediante un processo involontario.
L’io dell’artista va a riversarsi completamente sopra il quadro, ed è il quadro stesso che comanda, come il fuoco in un rito sciamanico.
L’action painting in conclusione non mostra né esprime una realtà oggettiva o soggettiva, ma libera una tensione che in grande quantità si è accumulata nell’artista. È azione non ideata e non progettata nei modi di esecuzione e negli effetti finali. Essa esprime il malessere dell’artista in una società del benessere dove tutto è progettato; è una reazione violenta dell’artista-intellettuale contro l’artista-tecnico.
“Quando sono “dentro” i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di “presa di coscienza” mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti o di rovinare l’immagine, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco solo di farla uscire”.